Il brainspotting è una tecnica che ci aiuta a elaborare e risolvere disagi collegati al nostro vissuto o a eventi della nostra vita che influiscono sul nostro presente.
Si basa sullo sguardo o meglio su quei punti dello sguardo (spot) che hanno una connessione diretta con il cervello (brain).
Ed ecco spiegato il significato di questa pratica. Il nostro cervello è un sistema geniale capace di trasformarsi e di trasformarci. È in grado di creare strategie e percorsi che garantiscono la nostra sopravvivenza e il nostro “funzionamento” nella vita di tutti i giorni, anche quando il nostro vissuto è stato segnato da esperienze particolari.
Gli eventi che per qualche motivo il nostro cervello non è riuscito a elaborare non vengono rimossi e cancellati, ma vengono incapsulati nella sua parte più profonda e lì rimangono, ma non senza avere effetti sulla nostra vita quotidiana.
Grazie alle tecniche del brainspotting, che andremo a vedere più nel dettaglio di seguito, si riesce ad accedere a questi eventi, farli emergere ed elaborarli in modo che non costituiscano più un ostacolo a una vita vissuta pienamente.
Ma come si svolge nella pratica il brainspotting? Vediamo con quali tecniche possiamo riuscire a elaborare e a integrare eventuali disagi della nostra vita che influiscono sul nostro presente.
Il brainspotting rileva un punto nel campo visivo della persona che viene trattata, in base a dove la stessa rivolge lo sguardo, per accedere ai “file” contenuti nel suo cervello. Si tratta di una tecnica che riunisce le tre componenti dell’elaborazione:
L’aspetto fisico è molto importante, poiché è attraverso il corpo che si percepisce l’attivazione del cervello. Il Brainspotting si avvale di tre metodi principali:
Non vi sono ragioni specifiche che spingono all’utilizzo di una tecnica piuttosto che un’altra. Tutto dipende dall’interazione che si stabilisce tra il Pratictioner e la persona che viene trattata.
Una volta che la persona si sente “attivata” rispetto al problema che vuole elaborare (parlarne ne determina l’attivazione, con conseguenti reazioni fisiche ed emotive), si individua il “brainspot”, ossia il varco che conduce direttamente alla parte più profonda del cervello in cui è rimasto incapsulato il disagio che vogliamo risolvere.
A questo punto, la persona inizia a elaborare, lasciando emergere quanto si affaccia dal profondo. Tale elaborazione si manifesta a livello fisico ed emotivo, e la persona è libera di parlare tanto o poco come desidera, senza alcun obbligo. Infatti, il Brainspotting non è una tecnica di tipo conversazionale, e anche il più completo silenzio consente comunque un’efficace elaborazione.
Il ruolo del Pratictioner si limita all’essenziale: non si crea alcun rapporto gerarchico tra le parti coinvolte nel processo.
È come se il Practitioner si collocasse sulla “coda della cometa”, mentre la persona stessa rappresenta la “testa della cometa”. Il ruolo del Practitioner consiste pertanto nel limitarsi a seguire la persona ovunque la sua elaborazione, e quindi il suo cervello, la conducano, senza interferire con il processo.
Per definizione, come sottolinea il suo ideatore (David Grand), il Brainspotting è uno strumento flessibile che può essere integrato in varie tecniche, al fine di favorire il benessere di chi vi ricorre. L’Astrologia, come tale, è già in grado di segnalare eventuali disagi, vissuti difficili nonché potenzialità e talenti.
Il minimo comun denominatore tra queste due pratiche sta nelle possibilità che ci offrono per conoscere meglio noi stessi, superare i nostri disagi e ottimizzare i nostri talenti.
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